Ancor prima di Halloween con il suo « dolcetto o scherzetto », in Sicilia c’era e c’è tra le tante ricorrenze più sentite, la Festa dei Morti. Beh, detto così può far tremare un po’ ma chi è siciliano come me sa che è tutto tranne che qualcosa di cui spaventarsi. È una vera e propria FESTA!
Ricordo ancora che…
Io sono ancora giovane quindi ricordo solamente che da bambine, io e mia sorella, aspettavamo la mattina del 2 novembre per scoprire quali regali ci avevano portato la notte del 1 novembre i nostri cari defunti.
I miei genitori ed ancor più i miei nonni raccontano che anticamente in questo giorno di festa che veniva dedicato alla commemorazione dei propri cari, i bambini erano i più felici di tutti perché nell’occasione, se “avevano fatto i bravi”, ricevevano in dono dei cestini colmi di doni ma soprattutto di golosità come l’ossa dei muorti (piccoli biscottini molto duri a base di farina, zucchero, chiodi di garofano, acqua e cannella), i totò bianchi o neri (biscotti spolverizzati di cacao o zucchero o anche glassa al limone), i rametti o rame di Napoli (dolci dal morbido impasto al cacao ricoperti di
cioccolato fondente), la tradizionale e coloratissima frutta martorana, i pupi di zucchero (anticamente a forma di bersagliere, paladino o bambola, adesso delle più svariate forme).
L’attimo che fugge
La credenza popolare vuole che la notte di Ognissanti, 1 novembre, tutti i defunti passeggiano tra le vie delle proprie città e paesini visitando le case dei loro familiari ancora in vita e lasciando ai bambini dei doni che testimoniano il loro passaggio.
Il giorno successivo, 2 novembre, le famiglie si recano ai cimiteri per ringraziare e ricordare i propri “morticieddi”. Anche questo momento è una festa… i bambini che scorrazzano tra le tombe, che corrono da una parte all’altra e che giocano con i regali ricevuti. Tutti sono contenti perché i loro cari sono venuti a trovarli e bisogna godere di quell’attimo che poi si ripeterà l’anno prossimo. È come se il legame con l’aldilà si creasse solo in quei due giorni quindi sarebbe un peccato perderlo.
Antiche le origini
Sicuramente l’origine di questa festa ha radici molto lontane che riguardano culti pagani.
Per gli antichi egizi i morti rivivevano nelle loro tombe e per gli antichi romani proteggevano il focolare domestico. Una volta divenuta festa religiosa alcune pratiche pagane rimasero ancora in vita. È l’esempio del “cunsulu” romano. Infatti, così come ai parenti del defunto (de cuius) veniva offerto dai vicini del cibo, durante la veglia notturna, per consolarli dal dolore e dalla perdita subita, allo stesso modo in Sicilia, la notte del 1 novembre, veniva lasciata la tavola apparecchiata con ogni prelibatezza in modo tale che i defunti, nella loro visita, rimanessero contenti di ciò e lasciassero doni in cambio.
Non si aveva paura dei propri defunti che anzi venivano ricordati nella loro immagine più viva, felice e sorridente quindi se anche vi era qualche bambino più pauroso subito la mamma a dire: “non devi aver paura di chi ti ha voluto bene” ed allora tutto passava.
Sciascia diceva
Beh, in conclusione come diceva il caro Sciascia rispondendo alla domanda “cosa è una festa religiosa in Sicilia?”
“Sarebbe facile rispondere che è tutto, tranne che una festa religiosa. È innanzitutto una esplosione esistenziale….” “….Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super io, per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città.”
Speriamo che i bambini siciliani non scrivano mai inpziando con: Caro nonno hallowieeni