C’era una volta il tonno che si pescava in trappole chiamate tonnare. Oggi le tonnare stanno sparendo, il tonno forse c’è ancora, almeno lungo la costa da Marsala a Trapani, dove si trova l’arcipelago delle Egadi. Mare antico, questo delle Egadi, punto di convergenza di storia e legenda.
Qui da millenni transita il tonno rosso, che, pescato, ha portato alle isole, nei secoli, civiltà e ricchezza. Per questo, particolarmente numerose sono state le tonnare lungo le coste del Trapanese. Da Porto Palo a Capo Granitola; da Trapani, alle isole di Favignana e Formica; da Bonagia, a San Vito Lo Capo; da Scopello e Cofano a Castellammare del Golfo.
La Farfalla delle Egadi
A Favignana, isola definita dal pittore Salvatore Fiume, farfalla sul mare con le ali spiegate, gli isolani hanno saputo fare tesoro di tutti i prodotti del mare, divenendo tra i più abili pescatori del mondo. Nel corso dei secoli hanno diversificato le varie tecniche: non solo pesca del tonno e del pesce azzurro, ma anche di coralli e spugne.
Quando tra maggio e giugno fa la sua comparsa il tonno rosso per la sua riproduzione annuale, la mattanza era il momento culminante della pesca dei branchi di pesci intercettati lungo la costa. La tecnica è antica e si perde nella notte dei tempi.
Ancora oggi giungendo a Favignana, dominano il paesaggio gli antichi stabilimenti di Casa Florio, oggi adibiti a Museo della Tonnara e delle Attività Marinare.
La tonnara…
La tonnara è un impianto di reti in mare che circoscrive un determinato specchio d’acqua. Si estende per 5 km, è larga dai 40 ai 50 m. e arriva a 60 m. di profondità. Uno sbarramento di reti, detto costa intercetta il passaggio dei tonni, facendoli risalire fino alla bocca della nassa detta coda o pedale. Questa ha il compito di guidare i tonni verso la bocca della tonnara, da dove non potranno più uscire.
Isola chimica o tonnara si compone di cinque camere di reti poste sopravento e sottovento e da una coda capace di incanalare i tonni che la incontrano durante i loro liberi movimenti nel golfo. I tonni entrano nella bocca della tonnara e passando da una camera all’altra giungono infine nella camera della morte, dalla quale non usciranno che mattati. Questa, è dotata di rete anche nella parte del fondo e viene alzata a braccia il giorno prima della mattanza, per portare in superficie i tonni per la cattura.
…e i tonnaroti
I lavori di preparazione della tonnara si svolgono nella Camparìa. Si tratta di magazzini dove le reti vengono riparate dalle abili mani dei tonnaroti secondo una consuetudine tramandata da generazioni.
Il lavoro a mare iniziava in aprile quando venivano poste in mare chilometri di reti per incanalare i tonni in un labirinto nel quale vagano senza scampo. A maggio partivano i barconi, chiatte colme di reti ancore e arpioni, che scivolavano lentamente verso il posto di fondazione dell’isola galleggiante.
Il mare sembra aprirsi al passaggio di queste barche in corteo capitanato dal Rais, capo tonnara dalle capacità quasi divinatorie. Ogni barca conosce il suo posto e il suo compito, fissando i bordi delle reti alle fiancate. Tutte queste operazioni erano scandite da preghiere, canti e invocazioni propiziatorie.
Il Rais e la sua muchara
Il rais è l’unico responsabile della tonnara, comandante supremo, custode dell’antica arte della mattanza. Anche solo con lo sguardo egli è capace di comandare l’intera operazione. La buona pesca dipenderà solo dai suoi perentori ordini, cui la ciurma aderisce con religioso silenzio e massimo rispetto.
Giorno dopo giorno il rito si ripete. Occhi attenti scrutano il movimento del branco di tonni, mentre il rais sulla sua muchara, piccola imbarcazione guidata da due assistenti, si porta al centro del quadrato. Il suo compito è controllare l’avvenuto passaggio del tonno nella camera della morte e impartire ordini con solenni gesti delle braccia.
Un’asta di legno, con all’estremità una palma e le immagini dei santi protettori, detto u spicu indica l’entrata della tonnara. È qui che ha inizio la trappola per il grosso e pacifico pesce. I giorni dell’attesa del grande evento, la mattanza, vedono il rais recarsi quotidianamente in tonnara per contare il numero dei pesci intrappolati. Solo quando lo ritiene sufficiente può annunciare il giorno della mattanza.
La mattanza
L’alba del grande giorno è giunta. Finalmente, la partenza.
I barconi raggiungono la tonnara. Qui ogni barca, secondo una precisa posizione preventivata, prende posto su tre lati del perimetro; a completare il quadrato vi provvederà un vascello lungo 22 m. da dove i tonnaroti recupereranno la rete dal fondo per chiudere i tonni in una vasca sempre più stretta. Il rais osserva il movimento dei pesci, attraverso una lastra di vetro, e attende che la corrente marina disponga favorevolmente le reti per l’ingresso dei tonni nella camera della morte.
I tonnaroti sollevano la pesante rete dal fondo, ne tirano lentamente i lembi esterni sulle barche finché il branco di tonni, attraverso opportune manovre di apertura e chiusura delle porte, resta intrappolato in uno spazio sempre più ristretto. I tonni, si dibattono freneticamente, e con arpioni uncinati, detti crocchi vengono tirati sulle imbarcazioni, causando spettacolari perdite di sangue.
Per alleggerire la dura fatica i tonnaroti cantano antiche Çialoma – in arabo saluto – intonate per scandire il ritmo prima, durante e dopo la mattanza del tonno. Le note iniziali vengono intonate dal solista, sono acute e penetranti e assolvono il compito di stimolare l’avvio dello sforzo fisico. In coro rispondono i tonnaroti con la scansione ritmica dell’ajaloma che serviva a sincronizzare i movimenti per aumentarne l’efficacia.
I canti di tonnara Ajaloma, ajaloma!
Attorno alla pesca del tonno si è tramandato un complesso di usanze e tradizioni che ne hanno fatto un’attività culturale di prim’ordine. I canti di Çialoma, il più noto dei quali è Ajaloma da Aja, aja, Maulay: “Suvvia, o mio creatore, aiutaci”), vengono fatti durante tutta l’attività di pesca.
Prima di fare mattanza, venivano una serie di rituali diretti a Sant’Antonio. All’uscita dei barconi dal porto, gli isolani facevano recitare al rais un’invocazione a Santu Petru:
Nu Patri Nostru a Santu Petru chi prìa u Signuri ppi n’abbundanti pisca!
alla quale i tonnaroti rispondevano: chi lu facissi!
Seguivano i canti di preghiera fra il sacro e il profano per invocare Dio, la Madonna e i Santi affinché favorissero una lucrosa pesca.
Altre invocazioni si ritrovano nel corso delle attività di preparazione e di costruzione della tonnara: il rais, intento a costruire le camere delle reti, nell’incrociare i primi cavi all’angolo della tonnara e nel sistemare il pedale che convogliava i tonni nella camera della morte, ripeteva per tre volte di seguito la seguente invocazione:
Umirmente umiliati / a’ Santa Crucis emu arrivati! / Umirmente umiliati / Santa Cruci nn’aiutari! / Ddiu, Ggesu e Vvirgini Maria / Aviti cura di l’anima mia!
Mattanza e Pathos
Metodo antico e tradizionale di pesca del tonno rosso, con tutta la potenza e la gagliardia di una ciclopica impresa di tradizione millenaria, la mattanza è una messa in scena grandiosa di barche e reti che desta meraviglia e sgomento.
Per quanto vi sia di feroce e primitivo, è la lotta per la sopravvivenza tra l’uomo e il tonno. Decine di uomini in movimento su uno sfondo abbagliante di mare e luce. Voci, canti di cialome, richiami propiziatori, incrociare di aste e arpioni, acqua che si tinge di rosso, sbattere di pinne, alti spruzzi bianchi su un greve canto di morte.
La scena acquista il tono grave e palpitante di tragedia greca. Quando l’ultima pinna ha smesso di dimenarsi dentro la stiva del vascello, un silenzio profondo avvolge la tonnara, mentre le barche in fila indiana, come in processione, si dispongono per il rientro.
Adesso ad attendere in stabilimento i vascelli carichi di tonni vi stanno i giapponesi che con occhi attenti da intenditori scelgono i tonni migliori. Divisi in quarti e surgelati, partono verso i lontani mercati orientali.
Quelli rimasti sono destinati ai mercati del pesce fresco, quasi ma non esclusivamente, della Sicilia.
Un antico mestiere, figlio del mito
Quante famiglie hanno tratto sostentamento dalla pesca del tonno! Qualcosa però, non soltanto per la scarsità del pesce, si è incrinato.
L’uomo del nostro tempo ha portato a morte anche questo mito, senza saper che è prerogativa dei mestieri nati e cresciuti nel mito, spegnersi con esso.
Sulla mattanza si stende ormai da un decennio la minaccia della fine.
L’elevato costo della manodopera dell’armamento e dell’esercizio dell’attività hanno reso difficile la gestione delle tonnare, che gradualmente sono andate scomparendo.
A Favignana, nonostante lo stabilimento di inscatolamento sia chiuso da tempo, si continuano a calare le reti della tonnara ma per intenti turistici. Anche se l’eccezionale spettacolo dell’ultima mattanza si è svolta nel lontano 2007, oggi sembra profilarsi un percorso di rilancio e rinascita.
Chissà se un lavoro di fatica ma anche di concetto, come quello della pesca del tonno, potrà avere un futuro; intanto, come memoria storica ci sono i pescatori favignanesi in pensione, gli ultimi gagliardi tonnaroti!
Tragica z spettacolare la Mattanza di Favignana