Lo dice la parola, “levare la Carne”
Il termine Carnevale, come possiamo leggere ovunque, deriva dal latino “Carnem Levare” che tradotto nella nostra lingua odierna diventa “eliminare la carne”, riferendosi al periodo che precede il digiuno della Quaresima.
Ed è proprio ai nostri antenati latini e greci, che dobbiamo dare il merito di aver “inventato” questa festa. Anticamente venivano celebrate delle festività che corrispondevano, per periodo di festeggiamento e per modi di fare, al Carnevale così come lo intendiamo oggi. Si trattava precisamente delle dionisiache greche e dei saturnali romani, che prevedevano la presenza di gruppi mascherati e di carri allegorici.
Scendendo nel particolare, le origini del Carnevale siciliano risalgono al 1600 quando, a Palermo, venne allestito il primo carro allegorico che, ai tempi, raffigurava il dio Nettuno attorniato da sirene danzanti. Col tempo, il Carnevale divenne sempre più una festa diffusa in tutta l’Isola. Ancora oggi sono rinomati il Carnevale di Acireale (per i suoi carri allegorici in cartapesta), quello di Misterbianco (per la bellezza dei costumi), quello di Sciacca, di Termini Imerese (che ospita uno dei Carnevali più antichi di Sicilia) e tantissimi altri.
Qui se ne fanno tante di… Chiacchiere
Tornando al nostro menu, in Sicilia i veri protagonisti di questo allegro periodo dell’anno sono i dolci e, tra la varietà dei costumi, dei carri, delle tradizioni e delle danze, ciò che accomuna l’intera Isola sono proprio loro. Primo fra tutti le croccanti CHIACCHIERE!
Amate, preparate ed anche conosciute, seppur con nomi diversi, in tutta Italia, le chiacchiere sono delle fragranti striscette di pasta nate dall’impasto di farina, zucchero e uova e poi fatte friggere in olio bollente. Come tocco finale vengono cosparse di zucchero a velo. Le note chiacchiere discendono dai saturnali dell’antica Roma, festa in cui venivano preparate e distribuite alla folla. Qui una ricetta.
La Pignolata, ognuno ne vanta le origini
Sempre legata al Carnevale siciliano è la PAGNUCCATA o MPAGNUCCATA o PIGNOCCATA o PIGNOLATA.
Beh, sul nome ogni zona della Sicilia ne vanta l’origine e la veridicità ma sulla “forma” siamo tutti d’accordo. Questo dolce carnevalesco si presenta come un mucchietto di piccole “pigne” ricoperte di miele.
Oltre a questa ricetta tradizionale del Carnevale siciliano, da qualche tempo la varietà più conosciuta è quella messinese “bianca e nera” (perché glassata, anziché col miele, in parte col limone ed in parte col cacao).
Ravioli e Cannoli di Ricotta, a Carnevale ogni scherzo vale
Un’altra bontà semplice ed insostituibile nella tradizione siciliana deriva dalla cultura contadina che, con semplici e pochi ingredienti, riuscivano a dare vita a grandi capolavori culinari. Stiamo parlando dei RAVIOLI DI RICOTTA, deliziose mezzelune farcite con ricotta fresca e ricoperte di zucchero.
Oltre ai ravioli ricordiamo anche i CANNOLI DI RICOTTA, presenti ormai tutto l’anno ma, in questo periodo era usuale fare, in alcuni paesi dell’entroterra, degli scherzi di Carnevale. Infatti, oltre alla dolce ricotta si inseriva, in alcuni cialde, del cotone. Dal momento che “a Carnevale ogni scherzo vale” il malcapitato che, convinto di addentare un buon cannolo, si ritrovava col cotone in bocca doveva semplicemente sorridere, accettare lo scherzo e stare al gioco.
E il carnevale a Palermo?
Spostandoci nella zona del palermitano, in particolare a Castelbuono, i dolci di Carnevale sono le TESTE DI TURCO.
Dolci al cucchiaio, composti da una delicata sfoglia ricoperta di crema al latte aromatizzata alla cannella e limone, così chiamati perché secondo la leggenda vennero preparati, per la prima volta, per celebrare la sconfitta degli Arabi da parte dei Normanni.
Non son quelle Egizie, “i Sfingi”
Per ultime, ma non per bontà o importanza, abbiamo le SFINGI DI CARNEVALE o DI SAN GIUSEPPE, perché preparate e gustate anche in occasione della festa del papà.
Palline di impasto fritte a cucchiaiate nell’olio bollente sono una leccornia per tutti i palati ed i più anziani sono molto esigenti per ciò che riguarda la loro preparazione (storia e ricetta).
Mio nonno Tano, ogni volta che la nonna Sara prepara “i sfingi” ripete sempre:
“Mi raccumannu… falli a misura di ucca!“
“Mi raccomando… falle a misura di bocca!“
cioè né troppo grosse né troppo piccole ma giuste per essere mangiate in un sol boccone.