Menù di carne a Tappe di cucina Siciliana
Nord – Sud – Ovest – Est
Partenza da Palermo
Il primo “Menù a Tappe” della Sezione Cucina Siciliana parte da Palermo e da dove se no?
Splendido capoluogo di provincia della Sicilia, offre una varietà di ricette straordinaria, da cui oggi estrapoliamo un antipasto conosciuto in tutto il mondo e, se vogliamo, oggetto di numerosi tentativi (riusciti?) di business. Si tratta delle note “panelle”.
Come abbiamo già detto, la tradizione culinaria siciliana in senso stretto non ha mai previsto la presenza degli antipasti nei propri menù. Una cucina povera non può che andare dritta alla sostanza e cioè al primo piatto. Tuttavia, le panelle ben si prestano ad un antipasto capace di solleticare l’appetito e oggi noi le abbiamo scelte associandole ai “cazzilli”.
Panelle e cazzilli sono l’elemento portante di quello che oggi viene chiamato lo “street food”, modo di dire internazionale che in Sicilia si traduce con l’espressione dal sapore ancora più internazionale: “Arrusti e mangia”. Ad ogni angolo della Sicilia occidentale, infatti, si possono trovare delle bancarelle (che altro non sono che i mitici “panellari”) dalle quali si espande un odore inconfondibile di olio in cui sono state immerse e cotte le panelle, tipiche frittelle di farina di ceci e i cazzilli, crocchette di patate, conosciute anche come “crocchè”.
Primo piatto
Per la scelta del primo piatto ci siamo spostati a Messina, antico comune siculo adagiato sullo stretto.
Il primo piatto in questione è la pasta ‘ncasciata, variante messinese della pasta al forno, uno dei piatti preferiti del Commissario Montalbano, piatto forte della “cammarera Adelina” e protagonista incontrastato in tutte le sue varianti dei pranzi domenicali di tutti i siciliani.
“Andò a casa, si mise il costume da bagno, fece una nuotata lunghissima, rientrò, s’asciugò, non si rivestì, nel frigorifero non c’era niente, nel forno troneggiava una teglia con quattro enormi porzioni di pasta ‘ncasciata, piatto degno dell’Olimpo, se ne mangiò due porzioni, rimise la teglia nel forno, puntò la sveglia, dormì piombigno per un’ora, si alzò, fece la doccia, si rivestì coi jeans e la camicia già allordati, arrivò in ufficio. ….
(Il cane di Terracotta – Andrea Camilleri)
Il nome della pasta ‘ncasciata deriva dal fatto che il modo di cuocerla è a dir poco particolare: la ricetta tradizionale vuole che la pasta venga mischiata a tutti gli ingredienti (che sono davvero numerosi!) venga cotta in una casseruola adagiata sui carboni ardenti e, una volta messo il coperchio, viene coperta di brace.
La spolverata finale di caciocavallo crea, infine, una crosticina croccante che giustificata il nome “‘ncaciata” (da cacio) che nella parlata messinese diventa “‘ncasciata”.
Secondo piatto e contorno
Il secondo piatto scelto, invece, proviene direttamente dal mare, non perché abbia come protagonista il pesce ma perché preparato dagli abitanti dell’isola di Vulcano. Si tratta del coniglio in agrodolce alla eoliana, un piatto che custodisce tutto l’attaccamento alla terra di questi isolani. La cucina di Vulcano, infatti, al contrario di ciò che si possa pensare è molto improntata sull’uso della cacciagione e dei prodotti caseari, oltre che ovviamente sul pescato.
Un secondo piatto siciliano non può non prevedere anche il contorno. Questo lo abbiamo preso dalle tavole di tutti i siciliani in genere: in ogni parte della Sicilia, infatti, è possibile reperire delle arance, da Catania a Palermo passando per Ribera.
L’insalata di arance, di derivazione araba, tipicamente invernale, combina il sapore dolce-amaro dell’arancia alla croccantezza e freschezza del finocchio.
La frutta
Un pranzo siciliano che si rispetti non può saltare la portata della frutta. Davanti a tale portata i siciliani sono capaci di impiegare delle ore nei propri interminabili e ormai celeberrimi pranzi domenicali.
La frutta di stagione offre una varietà infinita, tuttavia è importante scegliere la frutta in base alla sua stagionalità. Ormai siamo abituati a trovare in vendita ogni genere di frutto in qualsiasi periodo dell’anno. Ovvio che i mandarini d’estate non saranno quelli appena raccolti e le fragole a dicembre saranno importate o surgelate. Ad ogni modo, i siciliani sono abituati a mangiare i mandarini d’inverno e le fragole d’estate e questo è quanto.
Dolce caffè e ammazzacaffè
Il pranzo non può dirsi ancora concluso. Manca il dolce, “u cafè e l’ammazzacafè”. Per il dolce ci spingiamo nei valloni più profondi dell’entroterra siculo: a Caltanissetta.
Il dolce in questione è la cubaita, (dolce tipico natalizio di origine arabo “qubbiat” in arabo significa per l’appunto mandorlato) fatta solo con i tre ingredienti originari: mandorle, pistacchi e miele “semplice e forte, un dolce da guerrieri” scrive Andrea Camilleri che dice di essersene innamorato in modo fulmineo, è così croccante “che ci vuole il martello a romperla” come scrive Leonardo Sciascia.
Si tratta di un quadrotto di torrone tipico siciliano artigianale, friabile e croccante fatto con mandorle tostate, pistacchio di primissima qualità e miele, tutti amalgamati sapientemente.
La cubaita
“non la devi aggredire subito, la devi lasciare ad ammorbidirsi un pochino tra lingua e palato, devi quasi persuaderla con amorevolezza ad essere mangiata … Ti obbliga a una sua particolare concezione del tempo, ha bisogno dei tempi lunghi … non si concilia con l’aereo, con la fretta. Alla dolcezza del miele mischia l’”amarostico” delle mandorle tostate e il ricordo del verde attraverso il pistacchio”.
(Elogio della Cubaita dell’Antico Torronificio Nisseno – Andrea Cammilleri)
E dopo aver assaporato il torrone nisseno quasi ad occhi chiusi e senza alcuna fretta ed aver atteso che il caffè salisse nella nostra caffettiera, passiamo al rito dell’ammazzacaffè, che può comprendere un amaro o un liquore di origine locale.
Oggi noi scegliamo un Malvasìa delle Lipari, un vino liquoroso celebrato anche da Guy de Maupassant che lo definì il “vino dei vulcani” dal sapore dolce quasi mielato che va servito freddo.
“Panza cuntenti, cori clementi, panza dijuna, nenti pirduna”.